Smart­pho­ne: un mer­ca­to saturo.

Il mer­ca­to degli smart­pho­ne è satu­ro, lo è già da qual­che anno. Eppu­re, incre­di­bil­men­te, con­ti­nua a “tira­re”. Pochi sce­na­ri e mol­ta diso­ne­stà die­tro ai modi in cui i pro­dut­to­ri sti­mo­la­no i poten­zia­li acqui­ren­ti con truc­chi dav­ve­ro degni di imbo­ni­to­ri di altra epoca.

Uno smart­pho­ne oggi è uno stru­men­to che anche solo pochi anni fa sareb­be sta­to impen­sa­bi­le: dal­le pri­me mat­to­nel­le NEC ne è pas­sa­ta di acqua sot­to i pon­ti, solo che i pon­ti sono diven­ta­ti dighe e l’ac­qua si è fer­ma­ta. Dun­que come fare? Obso­le­scen­za pia­ni­fi­ca­ta degli appa­rec­chi e crea­zio­ne del biso­gno inesistente!

Faci­le, no? Il gio­co è sem­pre quel­lo di qua­lun­que com­par­to com­mer­cia­le: se il mer­ca­to è satu­ro occor­re crea­re nei poten­zia­li acqui­ren­ti la per­ce­zio­ne di un biso­gno che non han­no mai avu­to. E chi se ne fre­ga se i prez­zi sono com­ple­ta­men­te arti­fi­cia­li, se per la pro­du­zio­ne si schia­viz­za­no cen­ti­na­ia di miglia­ia di esse­ri uma­ni (tan­to quel­lo che con­ta è che non si usi olio di pal­ma e che non si dan­neg­gi­no ani­ma­li), o se per le infra­strut­tu­re neces­sa­rie si rischia un inqui­na­men­to elet­tro­ma­gne­ti­co fuo­ri con­trol­lo: quel­lo che impor­ta, in un mon­do domi­na­to dal­l’a­vi­di­tà di pochi e dal­l’im­be­cil­li­tà dei mol­ti, è ven­de­re. Ven­de­re ad ogni costo, soprat­tut­to quel­li più elevati.

Ed è così che si crea il biso­gno di cel­lu­la­ri 5G quan­do l’in­fra­strut­tu­ra di tra­smis­sio­ne non è affat­to sicu­ra; oppu­re che si sti­mo­la­no le per­so­ne a com­pra­re tele­fo­ni da 1.000 e pas­sa euro come sta­tus sym­bol di non si sa bene cosa; dopo­tut­to l’im­por­tan­te è vendere.

Ma ricor­dia­mo­ci di una cosa, già det­ta in mil­le occa­sio­ni: il mer­ca­to lo fa chi com­pra, non chi ven­de. Se non ci fos­se doman­da, non ci sareb­be offer­ta. Sia­mo noi a deter­mi­na­re cosa vie­ne pro­dot­to dal­le case costrut­tri­ci, noi con le nostre scel­te, i nostri desi­de­ri. Aver­re uno smart­pho­ne paga­to a rate è assur­do, per­chè non è altro che il prez­zo a cui paghia­mo la nostra liber­tà di usa­re un altro gesto­re, per non par­la­re del­le infor­ma­zio­ni sul­la nostra pri­va­cy e di tut­to il resto…

Il mer­ca­to del debi­to sus­si­ste per­chè le per­so­ne si illu­do­no in que­sto modo di poter­si per­met­te­re ciò che in real­tà non è alla loro por­ta­ta. Ma se lo per­met­to­no lo stes­so, pagan­do a caro prez­zo que­sta scel­le­ra­tez­za, con la sud­di­tan­za al for­ni­to­re o con la dipen­den­za da una vita di cui non san­no cosa fare: dover lavo­ra­re una vita inte­ra per fare ciò che più ci inte­res­sa dopo che il cor­po non ci assi­ste più come una vol­ta è già un’as­sur­di­tà ma dover lavo­ra­re per paga­re i debi­ti con­trat­ti per aver volu­to ave­re ciò che non ave­va sen­so pos­se­de­re è diabolico.

L’a­vi­di­tà è sem­pre a dop­pio sen­so: non solo da chi ven­de a caro prez­zo ciò di cui dav­ve­ro non abbia­mo biso­gno ma anche da par­te di chi com­pra le stes­se cose.

Con una dif­fe­ren­za sostan­zia­le: chi ven­de pren­de i sol­di. Chi paga… non li ha più.

E que­sta, in buo­na sostan­za, è la pro­fon­da, irri­nun­cia­bi­le veri­tà oggettiva.